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RIVISTA DELLA FAGR-Editore
UN CAPOLAVORO CHE FU RINCHIUSO IN UNA CASSA 
 
La statua di Paolina Bonaparte Borghese come “Venere vincitrice”, un capolavoro dello scultore veneziano Antonio Canova (1757-1822), colui che fu soprannominato “il nuovo Fidia” e elogiato da tutti i regnanti del suo tempo, venne rinchiusa in una cassa lontano da qualsiasi osservatore molto a lungo. Commissionata dal principe Camillo Borghese (1775-1832) in occasione del suo matrimonio con Paolina, sorella di Napoleone, è un lavoro scultoreo che ebbe principalmente il compito di celebrare i Bonaparte; dopo la sconfitta a Waterloo dell'imperatore francese però, la statua divenne solo motivo d'imbarazzo per il principe italiano, il quale non desiderava attirarsi più nemici di quanti ne aveva già. Il suo matrimonio era fallito quasi subito e l'alto pregio artistico della scultura pagata da lui l'alta cifra di 6000 scudi, non contò più nulla. Oggi la “Venere vincitrice” è una delle gemme più preziose della Galleria Borghese e di Paolina (l'unica Bonaparte disinteressata di politica) e della sua statua, si vorrebbe saperne di più: posò personalmente nuda?, le fu proposto di interpretare la vergine Diana da Canova?, disse davvero che il celebre scultore non era un vero uomo?, eccetera, eccetera, ma si sa poco. Si sospetta infatti che quanto scritto sul suo conto fosse stato sempre guidato da penne avvelenate: si poteva soltanto parlare male di lei  perché dopo la caduta del fratello, l'odio degli anti-bonapartisti dilagò ovunque e divenne alquanto pericoloso.  
 
(FAGR 31-07-2020)