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RIVISTA DELLA FAGR-Editore
IL POETA PREFERITO DA OSCAR WILDE 
 
Secondo Oscar Wilde (1854-1900) il più grande poeta dell'Ottocento fu il londinese John Keats (1795-1821). Morto giovanissimo, Keats se non il più grande di un secolo, viene considerato oggi tra i più importanti letterati del Romanticismo. L'entusiasmo di Wilde però non stupisce. I due avevano molto in comune, almeno per quanto riguarda le passioni intellettuali. Per loro l'esistenza umana doveva essere dedicata interamente al culto del bello per essere degna di essere vissuta e nulla era più importante di questo, nemmeno la morale comune. Non è certo cosa da poco: era questo un atteggiamento considerato radicale nel XIX secolo perché mai prima si era posto qualcosa davanti alla moralità del tempo in cui si viveva. 
Keats risulta inoltre il primo a basare la sua opera letteraria sulla pittura classica; egli attinse infatti ispirazione a piene mani dalle arti figurative studiando specialmente Tiziano, Poussin, il Lorenese e senza scordare l'arte greca, creò testi che come tutti i capolavori, furono capaci di smuovere la fantasia di altri scrittori romantici. 
Wilde condivise con Keats anche la passione per le arti figurative, il cui studio indubbiamente gli servì per le scenografie dei suoi lavori teatrali (i testi teatrali di Oscar Wilde sono attualmente considerati capolavori del teatro ottocentesco), ma anche come basi per recensire delle mostre pittoriche; ricordiamo la più chiacchierata, quella del pittore americano James McNeill Whistler (1834-1903), il quale aderì come lui al movimento dell'Estetismo; essi furono all'inizio grandi amici, ma poi i loro rapporti si deteriorarono. 
Anche Keats e Wilde se si fossero conosciuti sarebbero di certo diventati amici per quanto di intellettuale li legava, però probabilmente come avvenne con Whistler, tale amicizia non sarebbe durata a lungo. Wilde possedeva un carattere difficile che il pacato e timido John Keats non avrebbe mai potuto comprendere bene. Uno degli aforismi più famosi di Wilde , tratto da “Una donna senza importanza” (II atto) dice: “L'uomo ideale dovrebbe parlarci come fossimo divinità e trattarci come bambine”, citazione piena di ironia che mostra quanto egli stesso vedeva dentro sé, un istrione adatto al palcoscenico e a qualunque tipo di esibizionismo, ma non sicuramente adatto a vivere di poesia come fece Keats. 
 
(FAGR 14-12-17)
John Keats 
 
 
 
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