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RIVISTA DELLA FAGR-Editore
L'OCCASIONE PERDUTA DI POMPEO 
 
Com'è possibile che il grande condottiero Gneo Pompeo Magno (106 a.C. - 48 a. C.), brillante e esperto militare che infiammò il cuore di Cicerone e molti altri per le sue numerose vittorie come generale dell'Impero romano, fece poi lo sbaglio più grosso del mondo quando si trovò in guerra contro Gaio Giulio Cesare?  
Egli seppure prima fosse stato un alleato di Cesare e avesse spartito il potere con lui e Marco Licino Crasso nel più famoso Triumvirato della Storia, cambiò idea e ritornò repubblicano sostenendo che il governo di Roma dovesse tornare in mano al Senato. Giulio Cesare era stato il più sottomesso quando si erano spartiti il potere dell'Impero romano in tre uomini, ma il suo incredibile genio militare alla morte di Crasso, aveva infastidito non poco Pompeo che decise infatti di toglierselo di mezzo mettendosi a capo del Senato e ordinandogli di rimanere in Francia dove aveva ottenuto tante vittorie. Ciò fu come ordinare un suicidio politico e ci si chiede cosa può aver fatto sperare a Pompeo di essere ubbidito.  
Forse Cesare si era sempre mostrato dimesso e pronto a sottostare a lui tanto da farsi credere disposto anche a buttarsi in mare se lo chiedeva?  
O forse desiderava proprio provocarlo per dar vita a una guerra civile come poi fece?  
Di certo si sa che Pompeo mostrava di sentirsi sempre imbattibile e si vantava di poter vincere chiunque in ogni momento, ma da come si comportò quando Giulio Cesare passò il Rubicone (cosa che gli era stato ordinato di non fare dal Senato), sembrerebbe proprio il contrario. 
Che cosa pazza fece dopo! Non solo lasciò Roma con le sue legioni permettendo a Cesare di entrare in tutta tranquillità in città, ma si scordò di svuotare le casse dell'erario! 
Pompeo ebbe l'occasione di ripristinare la gloriosa Repubblica romana e la sprecò commettendo un errore che solo un uomo in preda al panico avrebbe potuto commettere. 
Crasso, seppure pessimo militare, era entrato nel Triumvirato perché risultava come l'uomo più ricco dell'Impero e ciò dimostra che il denaro per vincere una guerra era (ed è) di fondamentale importanza. 
Giulio Cesare come militare faceva paura, era una specie di ciclone che travolgeva sempre tutto, ma per il denaro gli uomini stringono i denti e vanno avanti qualsiasi cosa vedano, anche se si tratta di affrontare un generale di cui si conosce bene il valore.  
I soldati di Pompeo non avrebbero mai disertato come in molti invece fecero, se lui avesse promesso ricchezze in caso di vittoria (cosa fatta da Cesare), così dopo non ebbe più scampo e venne sconfitto definitivamente a Farsalo. Morì in Egitto dove aveva cercato rifugio, colpito a tradimento da sacerdoti intenzionati ad aggraziarsi il vincitore, una fine che un eroe di guerra non vorrebbe davvero mai fare. La sua testa fu servita a Cesare su un piatto d'argento e si dice che ciò prima lo fece piangere e poi arrabbiarsi con i sacerdoti egizi colpevoli di tale abominio; lui di sicuro gli avrebbe concesso l'onore del suicidio e questo per un romano di alto rango significava molto. 
 
(FAGR 5-9-16)
Cesare e Pompeo  
 
(di Taddeo di Bartolo)