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RIVISTA DELLA FAGR-Editore
GIORNALI CHE NON ESISTONO PIU' 
 
Molti sono i giornali le cui uscite furono bloccate per volere dei governi che li accusavano di essere scritti da pericolosi dissidenti o anche perché causati da dissesti finanziari.  
Tra i primi per importanza da ricordare vi è: “The Spectator” un quotidiano inglese pubblicato dal marzo 1711 al dicembre 1712. Seppure di vita breve, questo giornale fece scuola a tutta l'Europa e viene considerato uno dei primi esempi di giornalismo moderno. La sua linea editoriale si basò non su dispute politiche, ma bensì sull'analisi di questioni sociali. L'idea che il dialogo fosse in grado di migliorare la società è vecchia come il mondo, ma ciò fu sempre un fatto che riguardava soltanto i potenti. Che un giornale facesse discutere la gente comune su i vari problemi della società, non si era mai sentito. Come sempre è capitato alle idee rivoluzionare, si tentò di far scomparire nel nulla anche questa, ma una volta nata si sa, essa non muore facilmente, nemmeno se si distrugge chi l'ha partorita. Così anche l'idea di analizzare le questioni sociali aizzando dibattiti tra il popolo, dopo essersi affermata in Inghilterra, si divulgò rapidamente nel mondo ed è ancora assai viva tra noi.  
Ebbe vita più lunga di “The Spectator”, il quotidiano francese “Gil Blas” che restò aperto dal 1879 al 1914, ma non si occupava di politica, il suo era un carattere prevalentemente letterario. Per questo giornale scrissero opere i nomi più illustri della letteratura francese come ad esempio Emile Zola. 
Un altro storico giornale restato in vita poco nella città di Colonia dove nacque (dal 1842 al 1843) è: Rheinische Zeitung. Si tratta di un quotidiano tedesco che voleva dar voce alla borghesia contro l'assolutismo prussiano. Suo direttore fu Karl Max, il quale fece talmente inalberare il governo da essere chiuso da un giorno all'altro. 
L'Italia è tra i paesi con più giornali perduti. La lista è davvero impressionante, soprattutto se si tiene conto che la maggior parte degli Stati ha mantenuto nel tempo quasi tutte le sue sedi giornalistiche. 
Ne elenchiamo alcuni: 
1) L'Annunziatore Umbro-Sabino, quotidiano di Terni, aperto dal 1883 al 1888, dove il proprietario Virgilio Alterocca, lanciò numerose battaglie per combattere l'analfabetismo e migliorare le condizioni della classe operaia;  
2) L'Avvenire d'Italia pubblicato nel periodo compreso tra il 1896 e il 1968, fu il primo quotidiano del Regno d'Italia d'ispirazione cattolica e sopravvisse senza scosse al regime fascista, ma non al dissesto finanziario (quasi un miliardo di lire);  
3) La Concordia è stato un quotidiano politico pubblicato a Torino dal 1847 al 1850, fondato da molte persone di diversa estrazione sociale decise a promuovere la pace sociale, ma ben presto divenne portavoce delle idee di sinistra e si metterà in polemica con il giornale Risorgimento fondato da Camillo Benso conte di Cavour; 
4)  Corriere del Polesine  quotidiano stampato a Rovigo dal 1890 al 1927, controllato da Enzo Casalini che sostenne il regime fascista e che lo chiuse per aprire La voce del mattino;  
5) Corriere di Catania pubblicato solo per tre anni dal 1950 al 1953 dal giornalista siciliano Giuseppe Longhitano;  
6) L'Ambrosiano fu un quotidiano milanese fondato nel 1922 da Umberto Notari come organo di stampa del partito fascista che dava però ampio spazio ad articoli di critica d'arte, cultura generale e divulgazione scientifica (qui scrissero anche Quasimodo e Carrà; sarà chiuso nel 1944). 
Questi quotidiani sono solo una piccola parte di quelli andati perduti. Non è facile rispondere alla domanda perché in Italia si sono aperti e chiusi un'infinità di giornali. La situazione storica ha favorito il proliferare di giornali come è accaduto in Francia? Grande senso d'imprenditoria tra italiani? Desiderio di dibattiti? Tutto può essere, ma non c'è dubbio che resterà un altro mistero italiano irrisolto. 
 
(FAGR 13-10-16)